Christine del Benin

Intervista di Fabio a Christine una Ejt (enfants jeunes travailleur) del Benin, una bambina domestica nel mercato di Santa Rita Cotonou

La storia di Christine

Un fenomeno molto diffuso in questo paese è la tratta dei bambini. Un tempo si raccontava della gente che lasciava il villaggio per andare in cerca di lavoro verso la città, ma era diverso; faceva parte della tradizione ritornare al villaggio dopo anni per far visita a parenti e amici. Aver fatto fortuna nella città era motivo di tornare per portare i regali. Spesso capitava che al loro ritorno trovassero il villaggio più povero e parenti che non riuscivano a sfamare i propri figli. Diventava quasi d’obbligo fare un gesto concreto di solidarietà prendendosi cura di questi bambini portandoli con sé per farli crescere e permettere loro di ritornare successivamente al villaggio con un lavoro. Chi prendeva in carico questi bambini li trattava come propri figli pensando alla scuola e formandoli per un lavoro; oggi questa tradizione si è trasformata in sfruttamento: i racconti che si sentono non sono quelli di una volta, ma portano con sé storie di tristezza, di non rispetto per le persone e i bambini diventano le vittime di una guerra tra poveri.

La storia di Christine è di una delle tante bambine che ha dovuto lasciare i suoi genitori e i suoi amici al villaggio.

Christine è stata portata via dal suo villaggio senza tenere conto della tenera età di 6 anni, ma l’unica cosa che è stata presa in considerazione è che fosse sana e robusta. Parliamo insieme dopo una riunione nella sede del Movimento dei bambini lavoratori e più precisamente presso  una baracca vicino al mercato dove lei lavora a Cotonou. Con noi ci sono una quindicina di ragazzi, tutti stanno ad ascoltare Christine e tutti vorrebbero parlare, ma sono tutte storie identiche e quindi lasciano a Christine il compito di rappresentare tutti. Christine viene alla sede del maejt così come tutti i suoi amici quando i loro padroni li lasciano andare e comunque non più di 2/3 ore la settimana. Qui dice che incontra altri ragazzi, impara a danzare, a leggere, a scrivere grazie all’aiuto di alcuni volontari: della scuola ne ha solo sentito parlare, tutti si vogliono bene e le piace venire qui così come a tutti i 50-60 ragazzi della sua età.

Christine presso al sede degli EJT Cotonou

Con il suo sorriso dolcissimo, ma che trattiene l’amarezza di aver lasciato il suo villaggio, inizia a raccontare la sua storia.

“Sono arrivata a Cotonou quando avevo 6 anni: le bonne famme, quelle persone che vendono al mercato ed hanno la loro attività di commercio al mercato in città, sono venuti a cercarmi al mio villaggio di Amaco a 200km da qui. Hanno chiesto ai miei genitori di potermi portare con loro perché in città avrei potuto studiare, imparare un lavoro, guadagnare dei soldi. “

Che lavoro fai? Quanto vieni pagata dalla bonne femme?

“Qui non guadagno niente, nessuno mi da dei soldi, la sera quando tutta la famiglia dei miei padroni ha finito di mangiare danno qualcosa anche a me e questo penso sia il mio salario. Comincio a lavorare alle sei del mattino e finisco alle undici di sera pulendo la casa della padrona. Quando arrivo al mercato alla mattina la prima cosa che faccio è pulire il banco di vendita e per terra, successivamente metto i prodotti sul banco (pomodori, cipolle, frutta, legumi) ed inizio a vendere. Verso le nove arriva la mia padrona e prendo un secchio per metterci dentro un po’ di prodotti per andare in giro per le strade a vendere. Incontro tanti bambini come me per la città, ognuno con la sua bacinella sulla testa piena di prodotti, ma non abbiamo il tempo per fermarci né per parlare, né per conoscerci. Verso le diciotto ritorno al mercato, poi vado a casa della padrone per preparare la cena per tutti e cinque e alla fine porto le pietanze al mercato e quando tutti hanno finito pulisco e riordino. Poi vado a casa dove devo ancora lavare i bambini della padrona e prima di andare a dormire devo riordinare la casa. Finalmente posso andare a letto e sono sempre così stanca che mi addormento subito.”

LAVORO al mercato Santa Rita – Cotonou

Quante volte ha rivisto i suoi genitori?

“Da quando sono arrivata a Cotonou non sono ancora riuscita a tornare al mio villaggio ed oggi ho sedici anni. Mia mamma e mio papà sono venuti a trovarmi a Cotonou per parlare con la bonne famme, ma non so che cosa si siano detti perché se avessi chiesto di cosa avessero parlato la bonne famme mi avrebbe picchiato.”

Raccontami cosa fai nelle sede di EJT con gli altri ragazzi

La mia educatrice è venuta a casa della bonne famme per chiederle il permesso di frequentare la sede di EJT, ma posso venire qui solo due ore la settimana per seguire un corso per imparare a leggere e scrivere e  imparare a fare la sarta. Mi piace venire qui perché si impara a fare delle belle cose e si conoscono i diritti dei bambini lavoratori. Questa è la mia casa di accoglienza e qui imparo tanto.

Ti piacerebbe imparare un lavoro?

Vorrei imparare un lavoro come per esempio fare la sarta perché vorrei essere qualcuno un domani e poter un giorno così aiutare i miei genitori.

Saresti contenta di tornare al tuo villaggio dai tuoi genitori?

No posso tornare al mio villaggio perché i miei genitori non hanno nulla da mangiare e se i miei genitori hanno deciso di mandarmi qui devo restarci. Solo se loro lo volessero potrei ritornare da loro.

Christine non vuole parlare solo di se stessa e conclude dicendo: “qui ci sono tanti bambini che soffrono. Noi abbiamo bisogno di aiuto, di soldi perché qualcuno possa venire da noi per insegnarci un lavoro, quindi quando torni in Italia parla di noi per favore.”

La storia di Christine è una storia emblematica e comune a tanti bambini del Benin. Un senso di rabbia e di malinconia si aggrovigliano dentro di me, non ci sono parole dopo aver ascoltato la storia di Christine. Si deve fare qualcosa e quindi con loro proviamo a studiare e realizzare dei prodotti da importare e vendere in Italia. Crediamo che questa sia una possibilità per poter fare delle azioni concrete e per offrire a questi ragazzi la possibilità di un lavoro dignitoso. Incontrare e conoscere queste organizzazioni di ragazzi ci da la possibilità di confrontarci su un problema difficile e delicato come quello del lavoro minorile che deve essere affrontato unicamente con un dialogo aperto e sincero fatto insieme a loro.

 






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